La discussione
BAHAMUT?
Via St. Agnese, 12
Focus OVEST-CENTRO
Rito senza mito. La bandiera bianca del dialogo e della trattativa di Carlo Miele è a mezz’asta e Bahamut, il pesce della cosmologia araba, fatica ormai a reggere il mondo.
Un osso di cervo e una cover di NOKIA 3310: il mito classico che porta alla conoscenza e indaga il rapporto uomo-natura è solo un residuo contrapposto a quello commerciale che, effimero e temporaneo, innesta nuove ritualità di consumo come le code davanti ai negozi per comprare l’ultimo modello di IPhone.
L’oro e il cemento non sono più depositari della stabilità e di quella ricchezza che si ricerca sempre più in oggetti – feticci: un copricerchione marmorizzato appeso al muro ed altri intorno ad un cilindro di rete metallica, sono esibiti quasi fossero statue classiche.
Il marmo in realtà è solo una pellicola adesiva e la disposizione richiama la pratica popolare napoletana con cui vengono esposti i pezzi rubati, andando così a destituire e sostituire quelli che sono i grandi valori del passato con identità temporanee e sottili.
Piedi nudi, maglietta bianca e due neon freddi: le “cose”, prodotte in milioni di pezzi identici e gettate quotidianamente, mettono all’angolo le convinzioni e il corpo che non è più espressione di verità.
“Gli eroi sono tutti giovani e belli”, ma gli esercizi ginnico – militari fascisti del catalogo storico vengono svuotati, lasciando il performer come un fantasma immemore in balia della ripetizione di movimenti senza un fine.
Anche Sailor Moon e le paladine della giustizia soccombono: a Stefano Filipponi non resta che cantare la sigla del cartone animato in chiave melodica, enfatizzando la drammaticità del mondo dello spettacolo su cui si basa il mito contemporaneo.
2:14 minuti in cui le guerriere non possono far altro che assistere alle immagini apocalittiche della distruzione di un mondo ormai “a-mitico” che però, come suggerisce la stessa bandiera bianca incontrata all’inizio, emblema dell’impossibilità di un confronto alla pari, lascia sempre spazio all’eventualità e alla speranza di poter dare vita a nuove possibili narrazioni.
Bellissimo articolo Cristina, ottima riflessione.