IL FESTIVAL DELLE MOSTRE
NEGLI STUDI DEGLI ARTISTI

14/18 Marzo 2017 - Milano

DE PROJECTO: oltre ogni oggetto

Seguo delle piccole candele lasciate lungo il cortile per raggiungere lo studio degli artisti. Un luogo volutamente in penombra. Un percorso illuminato che porta in un luogo scuro e quasi nascosto, a un livello inferiore rispetto alla corte esterna.

Taher Nikkhah Abyaneh parla poco l’Italiano, ma i suoi lavori sono chiari. Il buio è voluto e fa parte dell’allestimento. L’artista trasforma lo studio dei suoi colleghi e amici in una caverna e ripropone il gioco di ombre descritto da Platone nel “Mito della caverna”.

Lavora con la materialità delle cose e contemporaneamente con la loro evanescenza. Una piccola scultura, una fonte di luce e un video proiettore: pochi elementi che creano un gioco di rimandi.

La scultura viene quasi messa in secondo piano perché ciò che attira lo sguardo dell’osservatore è la sua proiezione, il gioco di ombre che si viene a creare dal dialogo luce-oggetto. L’ombra acquista valore e cambia continuamente: la scultura-oggetto è definita, ma la scultura-ombra non è fissa perché ogni suo movimento -oscilla appesa al soffitto- la ridefinisce.

Taher vuole spostare l’attenzione dall’oggetto al processo creativo, dal materiale alla proiezione e dalla proiezione alla proiezione della proiezione. La parete opposta, infatti, diventa lo sfondo per un’altra immagine. Il video proiettore infatti riporta la registrazione dell’ombra proiettata.

Un rimando continuo che destabilizza l’osservatore incapace di definire l’oggetto in mostra. L’ombra diventa soggetto della proiezione, la scultura è solo il pretesto.

Anche Sara Alavi vuole con il suo lavoro suggerire all’osservatore di andare oltre all’oggetto, non soffermarsi su questo. Le sue barche di creta creano un vero e proprio ossimoro. La forma è di una barca, ma le funzioni sono opposte: non possono galleggiare, non possono trasportare. Possono solo sciogliersi. Piano piano. Goccia dopo goccia. Non in modo eclatante, quasi di nascosto. E rimane il fango. E così si capisce di esserci dentro, di camminare nel fango. Solo allora si notano le contraddizioni che fino a quel momento erano state accettate.

Cosa fare ora di quello sporco? Pierfelice Vazzana ridà vita e rimette in circolo quello che viene scartato. Riparte. Ricrea. E si lascia affascinare dal bello.

Mariangela Vitale

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