C’è sempre una storia da raccontare
Storie Aperte è il titolo che scelgono per il loro percorso a Studi Festival, un’esperienza iniziata tre anni fa e portata avanti sempre in forma dialogica.
Isabella Mara e Ylbert Durishti aprono la loro casa-studio per mettersi a confronto con generazioni di artisti da loro distanti. Non cercano la sovrabbondanza ma un piccolo dialogo: scelgono solo altri due artisti perché sentiti vicini alla loro pratica artistica.
Isabella dialoga con Olinsky. I collage dell’una e le tele dell’altro. Il bricolage, che in qualche modo rievoca l’infanzia e le sperimentazioni giocose di ogni bambino, e la rilettura di immagini della storia dell’arte nelle quali si inserisce la figura di Topolino.
I due artisti in qualche modo raccontano una rinascita. Olinsky con il suo Topolino dà senso nuovo a forme storicamente conosciute dell’arte, Isabella con i suoi collage in tre dimensioni racconta la sua esperienza di residenza a Pavia e dà forma nuova a stampe che rappresentano la città nell’Ottocento.
Il dialogo cercato da Ylbert è diverso e chiede la partecipazione attiva del pubblico. Un dialogo tattile, visivo e uditivo.
Amalia Del Ponte con le sue percussioni ci invita a giocare con l’opera, a produrre suoni. Ylbert ci chiede di guardare oltre all’oggetto fisico che abbiamo davanti, il suo lavoro è duplice e chiama in causa gli strumenti tecnologici odierni. Le sue stampe digitali infatti sono “nascoste” dietro alla rete di punti che colpisce il nostro sguardo. Come per il linguaggio braille non è corretto basarsi sulla vista, ma bisogna usare accorgimenti diversi per leggerlo, così le suo opere sono concepite con un codice quarcode e serve lo strumento tecnologico per scoprire cosa ci vogliono dire.
Il dialogo generazionale non si limita alle opere scelte, lo si assapora, lo si riceve dall’accoglienza gentile e amichevole. Lo si vede nella piccola Adele che richiama l’attenzione dei genitori.
Un dialogo che cerca relazioni nuove. Una casa aperta, uno studio, un piccolo mondo in cui liberare la propria creatività.
Mariangela Vitale
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