“Noi ci vogliamo bene. Stop.”- due chiacchiere con Petra+m.
Same same but different
Studio Court
Via Pordenone 15, Milano
FOCUS: MILANO EST
Mi chiedevo, da quanto tempo collaborate?
m: Tre anni.
PETRA: Ci siamo incontrate a Brera.
Same same but different è il titolo della mostra, in cosa vi sentite same e in cosa different?
P: Quello che vedi! [m ride]
m: Devo continuare io? Same same but different è un modo di dire orientale, che significa che siamo uguali ma che non è vero, solo che in Oriente sono così delicati da non dirselo, di essere diversi. Siamo uguali in tutto lei e io ma abbiamo diversi intenti. Siamo attratte dalle stesse cose. Lei è molto più riflessiva di me.
Mentre tu sei più impulsiva?
m: Esattamente. Io sono più “a cazzo”, lei è molto più centrata.
E per quel che riguarda le opere esposte?
m: Le opere che abbiamo deciso di mettere a COURT nascono da un incontro avvenuto l’estate scorsa, ci siamo riviste e abbiamo scoperto con sorpresa che stavamo lavorando …
P: … Su cose molto simili …
m: … ma l’effetto era molto diverso.
Per dover dare un nome a queste “cose molto simili ma con effetti diversi”?
m: Il contenimento della tensione, la competizione.
P: L’attesa.
M: I video sono un mezzo espressivo che usiamo perché non prediligiamo l’oggetto, collaboriamo con le performance, delle “performance normali” le definisco. Lei ha una consapevolezza del corpo molto profonda, abbiamo deciso di metterci in gioco con il video che è solo luce. Ci siamo spostate entrambe dalla performance e siamo entrate entrambe nel discorso video, quasi senza dircelo. Lei inserisce anche i suoi testi.
Era una domanda che volevo fare …
m: Sì, i testi nei video sono tutti di Petra.
P: Prendo sempre spunto da qualcosa, qualcosa che fa parte di me. Sono più riferimenti presi dal mio immaginario che accadimenti della mia vita.
Io scrivo a parte ma i due lavori in mostra sono nati con il testo e sono cresciuti con il testo. Nel senso che è stata una cosa che sviluppo in parallelo.
E hanno dei titoli le opere?
P: Sì, questo si chiama Boxeurs, è un titolo abbastanza semplice che si può ben capire dal video, mentre l’altro è Aere… No, diciamo che un titolo non ufficiale sarebbe F35 da un cacciabombardiere, insomma, l’idea dell’acqua è interpretabile. A me è venuta per un motivo ma voglio che, come l’acqua, l’opera possa prendere forma in vari modi. Diciamo che lascio libertà d’interpretazione allo spettatore. Ci tengo che l’interpretazione sia libera. Anche le scritte non sono didascaliche, non c’è un testo narrativo.
Quindi a cosa fanno riferimento?
P: Alle mie sensazioni.
E per quanto riguarda il “rito del tatuaggio”? Lo si vede nel video ma abbiamo potuto assistere anche alla performance del vivo poco fa …
P: Il rito del tatuaggio, sì… m nel frattempo mi ha lasciato… Si vede nel video appena entri ed è un video che ho fatto io ed è stato il primo video che ho fatto “realmente”, perché prima lavoravo molto con i found footage. Da questo video è nata questa idea, dal momento che anche m era interessata al tatuaggio e a un certo tipo di lavoro con il corpo, in entrambe c’è questo genere di lavoro con il corpo, da questi interessi comuni abbiamo deciso di fare questa performance, dalle mie aspirazioni e dalle sue. Questo è un incrocio delle nostre ricerche, delle nostre visioni.
[m ritorna]
vero m?
m: Sì, è vero, noi ci vogliamo bene. Questa è la cosa più importante, che tutti devono sapere: noi ci vogliamo bene. Stop.
C’è una forte comunione d’intenti tra voi.
m: Noi non ci mettiamo in dubbio, non ci mettiamo in discussione. Io faccio quello che lei mi chiede di fare e lei fa quello che le chiedo di fare senza mai creare tensioni o competizione.
Tornando per un attimo agli stancils, li fate voi o li trovate prefabbricati?
P: No, li abbiamo fatti noi e sono dei simboli per noi importanti.
m: Non è un mezzo che utilizziamo sempre: ho visto il suo video, quello all’ingresso con gli scorpioni e le ho detto “sarebbe bello, visto che mi chiedono sempre di formalizzare i miei collage digitali, formalizzarli attraverso i tattoo temporanei”, quindi lavoriamo in questo modo e assolutamente senza attriti, è tutto facile. Questi lavori riguardano la competizione proprio perché sappiamo quanto sia pesante.
L’avete vissuta in prima persona?
m: Io la vivo sempre.
P: Ma tutti la viviamo sempre. È un po’ come entrare nella metro nell’ora di punta!
Un’ultima domanda, questa volta estemporanea: se vi doveste identificare con un animale, quale sareste?
P: Lo scorpione! No, no, non è vero, è troppo duro, mi piace essere liscia anche un po’ …
[Rivolgendosi a m]
… Te?
m: Un uomo. Un essere umano. Anche tu?
[Petra annuisce]
Tutte e due, siamo d’accordo.
Dei cuccioli di uomo?
m: No, dei grandi uomini.
Giulia Zandò
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