IL FESTIVAL DELLE MOSTRE
NEGLI STUDI DEGLI ARTISTI

14/18 Marzo 2017 - Milano

La forza dell’arte – a colloquio con Sabrina Balbarani.

È tutto giusto

Studio Monguzzi

Via Simone D’Orsenigo 3, Milano

FOCUS: MILANO EST

 

Mi può parlare del suo lavoro?

Sono Sabrina Balbarani. Ho frequentato l’Accademia di belle arti a Bologna con Alberto Garutti. Espongo, con Paola Comini, che oggi purtroppo non è presente, in questo spazio che è un capannone di trecento metri quadri. All’ingresso di questo ambiente enorme c’è un lavoro con alcuni fogli di carta, su cui ho disegnato e dipinto e al quale ho corredato un’installazione: un pentafoglio.

Un pentafoglio?

Sì, ho lavorato dapprima con il trifoglio, poi con il quadrifoglio per passare infine al penta foglio, che esiste in natura ma non tutti lo sanno magari … E ho usato dei sassi come fossero foglie e per lo stelo del legno.

Sui fogli di carta ho usato dell’acrilico e della matita industriale in modo che non venga via.

Il titolo dell’opera?

Opera fatta di carta. Inizialmente l’avevo intitolato Presente, poi ho visto che era più pertinente Opera fatta di carta, perché è proprio fatta di carta, e quindi ho preferito usare un richiamo diretto al materiale che la compone. I fogli, di dimensione 50×70, sono stati affiancati, come un mosaico, per poi generare questa forma, per fare questo disegno.

Voglio sottolineare, in questa sede, l’importanza del titolo nei miei lavori perché è proprio il titolo a conferire significato concettuale alle opere d’arte.

È un percorso?

È un percorso, perché io ho iniziato con dei disegni molto più piccoli, che adesso ho voluto ingrandire e assemblare in un’unica opera. È un percorso perché ci sono delle bolle, che rimandano al lavoro nel cortile, dove sono presenti le medesime bolle, dal titolo Arcobaleno. Nel cortile d’ingresso c’è appunto una parete piena di bolle colorate realizzate come un affresco e sempre utilizzando matite industriali, in modo che il segno possa rimanere. Di solito lavoro in bianco e nero  ma in occasione dell’apertura di questo studio ho voluto fare un lavoro di pittura, Arcobaleno, che contiene bolle piccole e grandi a tutta parete, quasi si trattasse di un’anticipazione di quel che si realizza più compiutamente all’interno dello spazio espositivo.

Però ci tengo a specificare che questo lavoro si vede dall’alto anche, allora diventa ancora più forte l’impatto visivo.

[Saliamo al primo piano]

Dalla scalinata si vede bene l’opera d’arte nel suo insieme.

Leggo: Egitto, Arabia Saudita e Quatar.

Sì, ho voluto inserire anche delle scritte.

E questa forte persistenza del colore giallo?

È una scelta dettata dal fatto che già il giallo mi piace come colore, quindi ho voluto creare una bicromia (bianco e giallo) per una questione di estetica.

Una curiosità, il titolo della mostra È tutto giusto, come se non ci potesse essere una voce discordante …

Esatto. In pratica quello che si fa è appunto “tutto giusto”, quello che c’è di strano è giusto anche quello! La pratica artistica accetta ogni forma di espressione, si può affermare che in arte, appunto, “è tutto giusto”.

Quindi l’arte deve essere accettata per quello che è o meglio per quello che propone l’artista, è corretto?

Proprio così! L’arte deve trasmettere totalmente la visione dell’artista, come si trattasse di un’impronta autoriale che conferisce valore all’opera.

[…]

Non è del tutto generico però, attenzione, è un titolo anche molto preciso perché l’arte è espressione di un sentire interiore, quando l’arte viene dal cuore, quello sì, è giusto!

E come sua ricerca personale, su cosa si concentra maggiormente la sua poetica?

 In che senso scusi?

Cioè a livello concettuale c’è un’eterogeneità nelle sue opere o c’è un filo conduttore?

Certo perché è uno studio: esteticamente sembrano tutte a sé stanti, ma concettualmente sono tutte collegate. Risulta improprio parlare di un solo filo conduttore, ce ne sono tanti alla fine, perché io uso anche tanti espedienti espressivi: il linguaggio del muro, che è appunto un affresco, il linguaggio del disegno, il linguaggio dell’installazione … Precedentemente ho usato la foto, ho usato vari materiali, i collegamenti sono tanti anche se esteticamente non si vede …

Tornando a Opera fatta di carta è più opportuno pensare a un percorso immaginario o piuttosto a un’esperienza realmente vissuta, soffermandosi sulle scritte … Egitto, Arabia Saudita, Quatar …

Sì, in Egitto ci sono stata, l’Arabia Saudia e il Quatar invece sono dei sogni, dei desideri messi nero su bianco per imprimerli sull’opera d’arte.

Poi per esempio ci sono dei fiori, non lasciati al caso, sono fiori di loto. Io faccio meditazione, un certo tipo di meditazione e questa meditazione dà molta importanza al fiore di loto, che ha mille petali e quindi ho voluto anche esprimere questo nell’opera, come la stessa presenza di spirali che portano fortuna, lo sapevi?! È una forma di meditazione della Kundalini, questa energia forte che sale e che viene espressa in meditazione con la spirale. Quindi tutto quello che faccio io nella mia vita lo esprimo nell’opera d’arte. E questo si vede, si vede questa cosa … Posso affermare che l’arte per me è una forma meditativa.

Sì, si capisce che è un percorso di vita, questa necessità di mettere nero su bianco le proprie aspirazioni, questa ricerca di spiritualità attraverso la meditazione … E per quanto riguarda questa forma centrale?

È una corona, un simbolo di regalità, cioè arrivare a un livello successivo, attraverso l’opera d’arte passando per questa indivisibilità con la vita. È come se l’arte potesse parlare il linguaggio della sublimazione … Poi so giocare a scacchi molto bene e qui c’è la scacchiera, poi c’è il labirinto come base, quelle righe orizzontali e verticali, è il labirinto, che si può ritrovare in molte mie opere e che rappresenta la ricerca.

E se lei mi dovesse parlare della sua “prima volta”, cioè si ricorda quando si è approcciata per la prima volta al mondo dell’arte?

Ah ero piccola! E conservo ancora le mie opere … Ho iniziato sulla tela con pennello e colori acrilici e mi ricordo ancora l’età perché avevo sette/otto anni, ho iniziato da sola, da bambina come autodidatta e da sola ho proseguito, ho fatto l’Accademia di Belle arti, lì mi ha aiutato Alberto Garutti, un bravo maestro al quale sarò sempre debitrice, perché mi ha aiutato veramente a migliorare la mia arte, a fare questa ricerca come ho detto prima, ho iniziato a sette anni e non ho più smesso … Me lo ricordo veramente, mi è piaciuta veramente questa cosa, tanto che tutt’ora continuo perché mi piace. Sento l’arte dentro di me e spero di continuare per sempre.

Che cosa rappresenta partecipare a Studi?

Ma io è il primo anno che partecipo a Studi, ne avevo sentito parlare anche l’anno scorso ma questo Festival vuol dire tanto perché secondo me e soprattutto potervi  partecipare in una città come Milano … E poi, il fatto che possa aderire chiunque a questa iniziativa secondo me è una cosa bellissima, anche il fatto che è libera e gratuita, nel senso che non c’è da pagare … Uno espone quello che vuole nello spazio che vuole, piccolo o grande, non importa l’importante è che sia un’opera d’arte e che tutti possono esprimersi. Sono giorni che ci penso. Bisogna continuare a portare avanti quest’idea, che il Festival porta con sé perché è l’unico che dà la possibilità di rendere l’artista motivato a continuare a fare arte.

[…]

Il problema è l’esclusività, vuoi per i concorsi, vuoi per gli spazi, qui invece si può intravedere uno spiraglio di luce, un tentativo di accessibilità e apertura, l’arte deve essere davvero per tutti.

Bisognerebbe quindi ritornare a un protagonismo dell’artista e a una visione un po’ più libera dell’arte?

Esattamente. E solo condividendo un’esperienza del genere si può migliorare oltre che scoprire artisti nuovi con cui confrontarsi e che possono proseguire …

Questo è il suo studio comunque …?

Sì, questo è il mio studio da quasi due anni, da quando mi sono trasferita a Milano da Mantova, ci ho anche dormito, ora non lo faccio più perché ho il mio appartamento, proprio qui vicino allo studio.

E potrebbe rappresentare quasi una sorta di abitazione per lei, un rifugio?

 A me piacerebbe anche collaborare con altri artisti, essendo uno spazio molto grande, non restare solo in due … Fare una collaborazione secondo me migliora anche la qualità dell’arte.

Quindi potremmo fare un appello?

A tutti gli artisti in ascolto, si facciano avanti per una collaborazione, un confronto, per lavorare insieme, e che il confronto possa portare a nuove idee e stimoli per approdare a qualcosa di più grande.

[Mentre parliamo riceve una telefonata, è Paola Comini, si accorda con lei per fare le sue veci e parlare del suo lavoro]

E in questo progetto è nato da un coinvolgimento, ho voluto invitare una mia amica da anni, lei, Paola Comini è da una vita che fa arte, fin da quando era piccola ma col tempo ha accentuato ancora di più quest’arte perché sono quindici anni che le hanno diagnosticato il morbo di Parkinson, quindi lei fa arte per la sua malattia ed è una cosa molto importante. L’ho chiamata per questa mostra così lei esprime quello che ha dentro proprio per combattere contro la sua malattia …

[Mi mostra le sue opere (leggo: Titolo Panta rei Totem, Dal diario di un giorno qualsiasi) spiegandomi che dopo molti anni è riuscita a muoversi da Gonzaga proprio per partecipare a questo evento … Tutti i lavori si presentano su fogli di carta che, messi insieme si possono sfogliare e sono stati realizzati nella giornata di ieri (14 marzo) in loco … Fogli sparsi, disegni con data, ora e titolo sempre riportati]

Questi lavori sono come un diario, le persone possono sfogliarlo per capire chi è lei, cosa ha fatto, tutto fa parte di questo progetto, “è giusto anche questo”, come dice il titolo della mostra.

[Ci spostiamo verso la seconda opera. I disegni questa volta sono messi su un’impalcatura, qua e là, e per terra pezzetti dell’opera La ricamatrice dei sogni sono stati lasciati a terra dopo essere stati strappati]

Ah, l’ha fatto ieri anche questo!

Tutto fatto al momento, lei lavora velocemente per dire tutto di sé, tutto al momento, tutto veloce, tutto giusto!

Il titolo per questa intervista mi piace – La forza dell’arte – ma non potremmo forse parlare di Invincibilità dell’arte?

Sì, mi sembra giusto, proprio così. Tutto giusto.

 

Giulia Zandò

2 thoughts on “La forza dell’arte – a colloquio con Sabrina Balbarani.”

  1. PAOLA COMINI
     ·  Rispondi

    sono paola comini ci tengo a precisare che i lavori che ho fatto su carta il giorno 14 marzo sono improvvisazioni …i veri lavori sono mMANTOVA L’ISOLA CHE NON C’è .– UN GREMBIULE , 2 FIORI E IL TEMPO CHE COMPRENDE DELLE MINIATURE DI CHINE DI MN FATTE DAL 1980 IN POI ,…I MIEI LAVORI SONO PORTATI AVANTI PER ANNI… E TOTEM E TABU’..

    • g-z@live.it
       ·  Rispondi

      Grazie Paola per questa preziosa precisazione, spero di conoscerti presto.

      Giulia

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