IL FESTIVAL DELLE MOSTRE
NEGLI STUDI DEGLI ARTISTI

14/18 Marzo 2017 - Milano

La la lart

Lo studio di Loredana Longo si fa set di LA LA LART, attesissima produzione sorella del film LA LA LAND, pluripremiato agli Oscar, acclamato dalla critica per la perfezione scenica e registica e vissuto dal grande pubblico con emozione e trasognante nostalgia. Eppure del dispositivo cinematografico lo spazio di via Paruta 39 non ha che una cosa: LA LA LART sforza i meccanismi di generazione del desiderio. Ermanno Cristini, Alessio de Girolamo, Filippo Leonardi e la stessa Loredana Longo mettono insieme una serie di lavori molto diversi per estetica, tono e formato, ma che funzionano tutti allo stesso modo: essi giocano sulla possibilità di accesso da parte dello spettatore a un’immagine, un oggetto, uno spazio. Inserita in una dimensione di inaccessibilità l’immagine diventa immaginario. Ecco il sogno, ecco il successo del bel cinema hollywoodiano. Eppure qui non vi è nessuno schermo a separare l’opera dal corpo di chi la vive.

 

Appena entrati, sulla destra, ci si trova in un ambiente ampio, buio e quasi vuoto: tra i pochi elementi che Alessio de Girolamo colloca nello spazio alcuni nastri da cantiere limitano lo spazio fruibile a solo pochi metri quadrati oltre l’ingresso. Oltre i nastri, in fondo alla stanza, una pianta; in un angolo nascosto, alcuni oggetti poco illuminati, troppo lontani per capire cosa siano. Tutt’intorno alle pareti degli specchi: essi non fanno che suggerire a chi vi guarda dentro l’impossibilità ad accedere a ciò che mostrano – lo fanno insistentemente, continuamente.

 

Ad accogliere nell’ambiente più vissuto dello studio, uno stendardo di velluto dà avvio alla serie di altri arazzi che punteggiano tutto il percorso espositivo. Su questi delle lettere incise a fuoco tracciano a più riprese la parola “Victory” accanto a immagini del muro al confine tra Usa e Messico. L’artista Loredana Longo decide di nascondere uno di questi stendardi dietro a un paravento da una parte finemente decorato d’oro, ma che sul lato opposto mostra senza orpelli il nudo cemento di cui è fatto.

 

Poco lontano, una bussola appoggiata al centro di un enorme tavolo da lavoro in compensato fa di questa superficie non lavorata una mappa muta. “Prière de toucher” è l’invito di duchampiana memoria attraverso cui Ermanno Cristini rende la bussola l’oggetto di un desiderio insoddisfabile.

 

Al termine del percorso il video di Filippo Leonardi lega gli elementi di questo percorso dai toni talvolta amareggiati, talvolta delicati e dolci. Una serie di immagini di una città vista dall’alto si susseguono in modo frenetico e frammentato. La vista è quella privilegiata di un piccione viaggiatore, libero in volo e che non necessita di alcuna bussola. Tuttavia, dopo le Victory di Loredana Longo, la mente non può che andare alle immagini a volo di uccello di uso militare. Il percorso si conclude allora in un racconto ambiguo, che rende evidente l’ironia del titolo della mostra e in cui la leggerezza da film hollywoodiano viene totalmente demolita.

Bianca Frasso

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