Torneo di scacchi: una città in miniatura e le sue leggi del caso
Le cose che ci si può raccontare nel tempo corrispondente alla durata di una partita di scacchi possono essere davvero tante. Se poi invece che di partita parliamo di torneo, gli scambi di battute tra i giocatori aumentano, fino a che tra parole e mosse la coreografia degli scacchi si gonfia in qualcosa d’altro. Sarà forse per questo che Letizia Calori e Violette Maillard (Calori&Maillard), passeggiando per le strade di NY, dove erano in residenza in seguito alla vincita del New York Prize, e vedendo il gran successo del gioco degli scacchi tra uomini e donne di ogni età, hanno deciso di costruire su queste orchestrazioni urbane il loro lavoro.
Nei quadri bianchi e marroni le artiste hanno riconosciuto quella stessa NY fatta di avenue e street, una città in cui loro stesse erano miniatura.
E nel vivo della città mettono in scena anche la performance per Studi Festival: sul marciapiede di via Eustachi, tra l’American bar e il supermercato di alimentari giapponese, strane pedine si affrontano su un classica scacchiera. Cavalli, torri e alfieri sono sostituiti da elementi in miniatura normalmente usati per il modellismo architettonico, collezionati dalle due artiste in anni di viaggi per il mondo. Cactus, palme, aranci e rose difendono re e regina dell’America più selvaggia, l’America delle grandi foreste e del verde sconfinato; esse vedono in fronte a loro piccoli uomini, colonnine e piramidi, esercito al servizio dell’America antropizzata.
Le mani che comandano le mosse sono quelle delle artiste o dei performer da loro chiamati, ma anche – perché no – quelle di chiunque voglia subentrare nel mezzo della partita. Ecco infatti la regola che rende il gioco interessante, che lo rende maledettamente simile alla vita di ogni giorno: basta bussare tre volte sulla scacchiera perché uno dei due giocatori seduti al tavolo lasci il suo posto al nuovo arrivato, vedendo svanire così nel nulla gli sforzi fin lì fatti per portare a casa una vittoria personale. D’altra parte chi subentra alla partita sa, allo scoccare del terzo pugno, che sta rischiando un grosso azzardo. Dovrà infatti aspettare tre mosse dei due giocatori in campo prima di poter prendere posto sullo sgabello e non sa se, nel corso di quelle tre mosse, la situazione evolverà a suo vantaggio o a suo sfavore.
Insomma, nessuno l’ha vinta in questo meccanismo dell’inciampo, in questa strategia volta al controproducente; non vi è forza di volontà vi possa opporre resistenza, ci si può solo mettere al servizio delle regole del caso.
Bianca Frasso
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