Il digitale e l’immaginario
OBLIQUENESS
Studio di Monica Mazzone e Mattia Barbieri
Via Piranesi 25, Milano
Mattia Barbieri, Kio Griffith, Gill Kuno, Martin Larralde, Domenico Antonio Mancini, Monica Mazzone
Parto a piedi da piazza Cinque giornate e in una ventina di minuti arrivo con facilità a Obliqueness. Lo studio presenta le caratteristiche dello spazio canonico: pareti bianche e stanze contenute che aiutano le persone a scambiarsi sguardi e parole. All’ingresso trovo un lavoro site-specific di Martin Larralde che, stupito dalla singolarità di una colonna stroncata dello studio, decide di appenderci il dipinto di uno stemma nobiliare, come se quella fosse la colonna di un palazzo. Vengo accolta dagli artisti che, molto precisi nell’esplicare le loro indagini, hanno voluto accostarsi ad alcuni artisti internazionali. Mattia Barbieri ha presentato due opere che si completano: un autoritratto con forme elementari, il cui intento è creare l’illusione del tratto digitale, come se fosse eseguito da un programma informatico; mentre nella seconda stanza un’opera composta da una scultura a forma di corno e da un foulard, presenta sempre il suo autoritratto, questa volta creato davvero digitalmente. Monica Mazzone espone due sculture in alluminio, il cui disegno deriva dal gesto minimo che esegue utilizzando un software per prodotti industriali: impone precise coordinate e lascia che sia il programma a realizzare le forme con le quali poi l’artista crea gli elementi di assemblaggio delle sue opere. Di forte impatto il video del giapponese Gil Kuno: presenta specularmente movimenti di fumo e di acqua, generatori di una visione confusionale in cui lo spettatore ritrova forme famigliari e riesce infine a riordinare il caos creato appositamente dall’artista. Un altro giapponese esposto è Kio Griffith che fotografa alcuni porta salviette di bagni pubblici disegnati e scritti dai fruitori di alcuni bagni pubblici, queste fotografie vogliono significare un’arte di tutti e per tutti. Domenico Antonio Mancini presenta dei fogli su cui scrive a matita alcuni url di Google Maps che indirizzano lo spettatore alla visione di un’immagine che si trova nel web: con la scritta annulla l’immagine proponendone una contemporaneamente.
STATO SOLIDO
Kalpany
Via Piranesi 12, Milano
Andrea Alvino, Marco Cadioli, Alessandro Capozzo, Kamilia Kard,Tony Light, Marco Mendeni, Flavio Scutti
Esco dallo studio, attraverso la strada e mi trovo subito nell’esperienza di Stato Solido, coerente con la linea di ricerca di Obliqueness. Il piccolo ambiente di Kalpany Artspace ospita una mostra collettiva che vuole ripercorrere un pezzo significativo della scena dell’arte digitale milanese degli ultimi anni. La prima opera che si nota è un unicorno di peluche contenente un tablet con l’immagine brillantinata della Dama col liocorno di Raffaello Sanzio; attraverso una ricerca iconologica, l’artista ha voluto mostrare come la simbologia di questo animale fantastico sia mutata nelle epoche: prima rappresentava la purezza e oggi è un simbolo gay. Un’altra opera presenta in diverse visioni la curva di Bezier, utilizzata molto nella computer grafica; alla parete ci sono fotografie di passanti immortalati nelle strade di Google Street View, disegni e tessuti con forme e linee contorte realizzati con alcuni software; infine lo spettatore rimane ipnotizzato dal suono di un’opera di web design.
I LUOGHI DELL’IMMAGINARIO
Angelica de Rosa
Via Maestri Campionesi, 27, 20135
Angelica de Rosa, Giuliano Cataldo Giancotti, Lorenzo Zuccato, Andrea Bertoletti
Mi dirigo verso l’ultimo studio della giornata, uno spazio che si presenta per metà salotto e per l’altra laboratorio artistico. Sul divano trovo Lorenzo Zuccato, mi spiega come per la sua ricerca artistica riutilizzi alcune scatole di prodotti dando loro nuova vita, capovolgendole e dipingendole in modo tale da farle apparire come delle ipotesi di strutture architettoniche e di luoghi. La sensibilità di Angelica De Rosa è ben visibile nelle sue opere e nel modo in cui le spiega; i suoi dipinti evocano atmosfere e spazi sconfinati che si completano attraverso la visione dello spettatore. Questi paesaggi ideali portano il visitatore ad una sublimazione del proprio immaginario; lo stesso intento é proposto dalle tele di Andrea Bertoletti in cui sembrano apparire dei paesaggi marini. Giuliano Cataldo Giancotti ricerca il modo per indirizzare le persone verso la propria consapevolezza ed elevazione: utilizza diversi medium, ma in questa esposizione predilige la scultura e orienta il visitatore ad un cammino individuale all’interno di sé stesso.
Veronica Barisan
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